Antonia Pozzi (Milano, 1912-1938), figlia di un importante avvocato milanese, scrisse le prime poesie ancora adolescente. Studiò nel liceo classico Manzoni di Milano, dove visse col suo professore di latino e greco una storia d'amore che, a causa dell'ostilità della famiglia, dovette interrompere e fu la causa principale del suo suicidio nei prati di Chiaravalle, a soli ventisei anni.La grande italianista Maria Corti disse che “il suo spirito faceva pensare a quelle piante di montagna che possono espandersi solo ai margini dei crapacci, sull'orlo degli abissi. (…) La terra lombarda amatissima,la natura di piante e fiumi la consolava certo più dei suoi simili”. La poesia di Antonia Pozzi inizialmente si ispira al crepuscolarismo nella scelta della semplicitàe nella prossimità al linguaggio parlato. Più tardi le sue parole, seguendo la lezione dell'ermetismo, divennero “asciutte e dure come I sassi”, come le descrisse Montale.
Pasturo, 2 aprile 1931
COMMENTO Come si intende già dal titolo, questa poesia, con un linguaggio tenero e colloquiale adatto ad una conversazione intima, rievoca un recente incontro, forse l’ultimo, tra la poetessa e l’innamorato, avvenuto verso la fine dell’inverno nel Parco Sempione di Milano, vicino al Castello Sforzesco. La poesia rappresenta un paesaggio romantico, caratterizzato dal volo dei colombi (uccelli tradizionalmente associati all’amore fin dai tempi di Dante), dal sole al tramonto in un prato fiorito di “margheritine” che l’amato vorrebbe cogliere per donarle alla poetessa. Il parallelismo tra la sfera della natura e quella dei sentimenti è enfatizzato dall’analogia finale (vv.60-78): come le stele aumentano lo splendore del cielo quando svanisce “l’ingannevole luce del giorno”, così la semplicità e la purezza delle parole dei due innamorati fanno dileguare tristezza, affanno, menzogna, dubbio e dolore: è una probabile allusione agli ostacoli opposti dalla famiglia della Pozzi alla relazione, che portarono infine alla separazione. Le parole chiave della poesia (“piccolo amore” “ti ricordi”, I diminutivi)suggeriscono una regressione all’ingenuità dell’infanzia: l’amato racconta una “lunga fiaba” ad Antonia, dicendo che accanto a lei si sente “un bambino” e vuole cogliere per lei le “margheritine” con dita incerte “come dita di bimbo”. In tal modo l’io lirico cerca di cancellare la significativa differenze di età tra I due innamorati.